Riflessioni su occupazione e altre azioni/manifestazioni di protesta studentesca.
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Lo scopo di questo documento è quello di fornire una mini guida (certamente non esaustiva e senza alcun valore legale) per la conoscenza delle più ricorrenti azioni di protesta studentesca a cui le famiglie degli studenti giungono spesso impreparate, secondo l’esperienza degli scriventi e malgrado si tratti di fatti che si ripetono ormai da decenni.
Programmi didattici sempre più obsoleti, carenza di aule, di attrezzature e strutture scolastiche fatiscenti, … sono solo alcuni degli argomenti che da sempre alimentano la protesta studentesca, esacerbata dall’incertezza del futuro e dai drastici tagli degli ultimi anni alla scuola pubblica.
L’occupazione:
Nell’ambito delle proteste scolastiche, l’Occupazione è l’espressione estrema del malcontento nelle scuole e viene ritenuta, a torto o a ragione, un “atto collettivo” forte, in grado di agire da cassa di risonanza rivolta a tutta la città.
Si tratta di una simbolica affermazione di “proprietà” della scuola, che si concretizza nel blocco delle lezioni e nella presa di possesso, anche notturno, dei locali dell’Istituto.
Nella migliore delle ipotesi, gli studenti occupanti si organizzano attraverso la formulazione di progetti di didattica alternativa a quella ordinaria d’istituto. Si può procedere per gruppi di lavoro orizzontali, con corsi, laboratori e dibattiti su materie tradizionali di studio (trattate in modo del tutto diverso dalla pratica scolastica quotidiana) o su tematiche di attualità riguardanti la scuola, il Paese o il contesto internazionale e così via…
In questi casi, la partecipazione di “esperti esterni” alla scuola, è divenuta prassi consolidata di supporto alla buona riuscita dei percorsi individuati di volta in volta.
A seconda che sia “permessa” o meno la presenza dei docenti, del personale ATA e persino degli studenti “non allineati” (con le istanze degli occupanti), le occupazioni possono risultare “aperte” o “chiuse”.
In ogni caso, tutti decidono tutto, senza preconcetti o distinzioni di sorta.
Da segnalare il fattore di rischio che si presenta in seguito al pernottamento, specie se notturno, dei locali occupati che, nella loro totalità, sfuggono facilmente al controllo degli studenti occupanti (grave pericolo di infiltrazioni dall’esterno).
L’Autogestione:
E’ una modalità di protesta meno estrema dell’occupazione e, generalmente, meglio tollerata dalle altre componenti della scuola (dirigenza, docenti e genitori).
Anche in questo caso interviene un progetto autonomamente formulato e gestito dagli studenti, contenente ore di lezione alternative a quelle curricolari.
Si ripresenta una situazione di blocco delle attività didattiche di programma ma, a differenza della precedente forma di protesta, quest’ultima modalità viene concordata con la dirigenza. Si costituisce un “comitato organizzativo” di studenti il quale, sentiti i pareri dei compagni di scuola riuniti in Assemblea, elabora un programma di iniziative da sottoporre all’attenzione del Dirigente d’Istituto.
Agli studenti che non condividano le motivazioni dell’Autogestione, non è preclusa la possibilità di svolgere regolare orario di lezione (curricolare).
E’ escluso il pernottamento o, come meglio si definisce, il possesso della struttura scolastica, al di fuori dell’orario di normale fruizione.
La Cogestione:
Un’ulteriore tipologia è rappresentata dalla “Cogestione”, una forma di autogestione più moderata, in cui le tematiche delle lezioni e dei laboratori di cui sopra, vengono analizzate ed individuate, sin dall’inizio, attraverso il supporto dei docenti disponibili a collaborare con il movimento di protesta.
In che modo si concretizza la scelta:
Ovviamente non esiste una prassi unica che determini questa o quell’altra modalità di protesta. Solitamente, le proposte di azione vengono portate all’attenzione della maggioranza degli studenti durante le Assemblee
d’ Istituto.
E’ in queste occasioni che gli studenti si confrontano, dibattono e verificano, attraverso una votazione, l’adesione alla protesta e/o le alternative perseguibili.
L’ Assemblea di Istituto, in via generale, rappresenta un diritto garantito per legge agli studenti. Essa si configura come un’occasione di partecipazione democratica per l’approfondimento di problemi della scuola e della società, in funzione della formazione culturale e civile degli studenti (art.13, comma 1° D.P.R. 297/94).
(v. nota *)
E’ indubbiamente auspicabile che, nelle circostanze di cui si sta trattando, in sede di Assemblea sia presente il maggior numero possibile di studenti della scuola, “primini” compresi, affinché il risultato delle votazioni sia il più democratico e rappresentativo possibile e non si configuri come l’espressione di una minoranza solitamente più attiva.
Perché gli studenti delle prime classi vivano in tutta serenità e con spirito di partecipazione questo momento, generalmente caratterizzato da una estrema confusione, è indispensabile che siano loro fornite tutte le informazioni necessarie su cosa stia accadendo ed il perché.
A tal proposito è opportuno chiedere che, in vista di imminenti agitazioni studentesche, dirigenza scolastica e docenti si facciano carico del suddetto impegno di informazione nei confronti degli ultimi arrivati e delle loro famiglie.
In corso d’Assemblea, al momento della scelta della tipologia di protesta, alla classica votazione “ per alzata di mano” si preferiscono spesso modalità di tipo diverso, quali:
° la raccolta (di firme o in forma anonima) delle adesioni all’occupazione o alle forme alternative, precedentemente individuate (cogestione o autogestione)
°la votazione in differita: attraverso i rappresentanti di classe che riportano all’Assemblea le decisioni di voto espresse dalle rispettive classi.
E’ usuale, qualora l’occupazione sia l’ipotesi vincente, che gli studenti si organizzino in un’Assemblea Permanente che, nelle loro intenzioni, dovrebbe essere l’organo di governo dell’occupazione stessa. Di regola, questa stessa Assemblea si occupa di redigere un documento, da presentare al Dirigente d’Istituto, in cui vengono indicate le motivazioni della protesta, la durata delle agitazioni e gli obbiettivi prefissati.
* ( Dalla definizione di Assemblea ne discende che lo studente non abbia alcun obbligo di parteciparvi, ma solo un diritto soggettivo, che è libero di non esercitare. Nessun obbligo di giustificazione, dunque, in caso di assenza. A scopo di manleva, l’amministrazione scolastica informa le famiglie tramite preventiva comunicazione (con data e luogo dell’Assemblea). Ciò perché, le Assemblee, pur essendo tenute in orario di lezione, “non costituiscono svolgimento dell’attività didattica….. (D.P.R. n.297/94 , Circolare Ministeriale n.312/79 e Nota Ministeriale n. 79/81) e l’attività di sorveglianza dei docenti è strettamente connessa con l’attività didattica: venendo a mancare quest’ultima, decade anche la prima (L. Serbenski, docente di diritto di Rovigo).
Tuttavia, quanto spiegato non è poi ciò che accade, spesso, nelle nostre scuole. La normativa derivante dai Regolamenti interni agli Istituti, impone ai docenti l’obbligo dell’appello e, agli studenti, la giustificazione dell’eventuale assenza ).
IN CASO DI OCCUPAZIONE: Spunti di riflessione
Rischi disciplinari a carico degli occupanti:
Le sanzioni disciplinari a cui rischiano di andare incontro gli studenti sono tutte contenute nelle fattispecie previste dal “Regolamento Disciplinare” interno ad ogni scuola.
In tale documento sono esposte ipotesi di mancanze e di atti più o meno gravi, a cui si applicano le rispettive sanzioni che vanno, dall’attribuzione di attività in favore della comunità scolastica (i cosiddetti servizi sociali), alla sospensione delle lezioni fino a 15 gg.. Per i casi più gravi, è prevista la sospensione per oltre 15gg. e persino l’esclusione dello studente dallo scrutino finale o dall’esame di Stato.
Nel citato R.D. sono individuati anche gli organi della scuola competenti a giudicare i fatti accaduti (Cdc, DS, CdI)
Rischi legali di un’occupazione
Essendo l’occupazione una delle forme più forti di protesta degli studenti, può accadere non di rado che le Istituzioni scolastiche decidano di far ricorso alla denuncia, nel tentativo di bloccare le proteste o di evitare l’inasprimento della situazione.
I reati che più frequentemente possono essere contestati a carico degli occupanti sono i seguenti:
- art. 340 c.p. “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”;
- varie fattispecie penali di reato di danneggiamento;
- art. 610 c.p. “Violenza privata” (che consiste nell’impedire a qualcuno di fare qualcosa, come ad esempio ad una professoressa, al personale della scuola o anche ad uno studente, di entrare a scuola);
- art. 594 c.p. ”Ingiuria”;
- art. 337 c.p. “Resistenza a pubblico ufficiale” (un esempio appropriato è il picchetto… per impedire alle Forze dell’ordine, di entrare a scuola);
- art. 633 c.p. “Invasione di terreni o pubblici edifici”.
Vediamone qualcuno nel dettaglio.
INVASIONE DI PUBBLICI EDIFICI: art633
L’art. 633 recita così: “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa.
E’ tuttavia controversa l’applicazione di tale reato nei casi di occupazioni di scuole o università.
La giurisprudenza è orientata in senso negativo in quanto, in tal caso, non si ravviserebbe il dolo specifico previsto dalla norma poiché il fine di tali manifestazioni è individuato esclusivamente nel fare pressione sulla controparte per l’accoglimento delle proprie istanze.
A tal proposito intervengono numerose sentenze a cui poter fare eventualmente riferimento.
Di seguito le sentenze delle Corti italiane.
Con sentenza del 30 marzo 2000, la II^ sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata sul punto, stabilendo che: “Non è applicabile l’art. 633 alle occupazioni studentesche perché tale norma ha lo scopo di punire solo l’arbitraria invasione di edifici e non qualsiasi occupazione illegittima. …. L’edificio scolastico, inoltre, pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti, che non sono dei semplici frequentatori, ma soggetti attivi della comunità scolastica e pertanto non si ritiene che sia configurato un loro limitato diritto di accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività scolastica in senso stretto.”
Ai sensi del D.P.R. 21.5.74 n. 416, la scuola costituisce una realtà non estranea agli studenti, che sono parte integrante dell’istituzione stessa.
Nella fattispecie di reato di cui all’ 633 c.p., invece, il termine invasione va genericamente interpretato come “una qualunque intromissione dall’esterno con modalità violente”, elemento non correttamente riferibile al caso di cui trattasi.
Ad ulteriore supporto, interviene un’altra sentenza che definisce meglio il reato di cui sopra…. “esso infatti costituisce una delle ipotesi di illiceità speciale: il fatto oggettivo dell’arbitrarietà del comportamento, essendo elemento costitutivo di fattispecie, deve riversarsi nell’elemento soggettivo del reato e costituire oggetto di rappresentazione e volizione da parte del soggetto agente, con la conseguenza che qualora il soggetto agente cada in errore sull’effettiva portata di una norma extra penale, ritenendo legittimo il proprio comportamento, deve essere esente da responsabilità per mancanza di dolo, ex art. 47 III comma c.p., dal momento che non si è rappresentato un elemento positivo della fattispecie”( così Cassazione – Sez. II, 17.5.1988, Oliva).
INTERRUZIONE di pubblico servizio: art 340
Laddove insegnanti, presidi, e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola (ATA), si trovino in assoluto disaccordo con l’occupazione e con le motivazioni che l’hanno determinata, potrebbe essere da questi invocato l’art 340 c.p. (Interruzione di pubblico servizio).
Anche in questo caso interviene una sentenza a chiarimento dei limiti di applicabilità della fattispecie invocata, rispetto all’argomento in esame:
“Se la c.d. “occupazione” della scuola da parte degli studenti avviene senza modalità invasive, e cioè consentendo lo svolgersi delle lezioni e l’accesso degli addetti, non è configurabile il reato di interruzione di pubblico servizio , neanche se l’attività didattica si svolge con difficoltà ed in mezzo a confusione. Tribunale Siena, 29 ottobre 2001″.
Perché sia consentito fare appello alla sentenza di cui sopra, occorre dunque adoprarsi affinché l’occupazione non disturbi il regolare svolgimento delle lezioni o la quotidiana attività svolta dal personale ATA.
Per concludere, è fatto salvo il diritto di critica degli studenti, diritto fondato sulla libertà di espressione, di pensiero e di associazione all’interno della propria scuola, purché l’esercizio di tale facoltà avvenga nel rispetto di precise regole, in osservanza del riconoscimento ed il rispetto dei diritti altrui e del benessere della collettività scolastica in generale .
Cosa consigliare dunque ai figli che decidono di occupare:
Indipendentemente dal giudizio di ognuno, a favore o contro la pratica dell’occupazione, è auspicabile dare ampio risalto ad alcuni consigli di comportamento che, in un certo qual modo, attenuano gli attriti e le ripercussioni conseguenti ad azioni di protesta mal gestite. Oltre al necessario rispetto (sempre) dell’altrui volontà (anche dei compagni dissenzienti, ad es.), occorre:
non intralciare i servizi di segreteria, per evitare di incorrere nel rischio di denunce.
scoraggiare eventuali comportamenti “esuberanti” ed impedire che vengano arrecati danni all’edificio, agli arredi e alle attrezzature dell’Istituto. Qualsiasi danneggiamento o furto è a totale carico degli studenti e delle loro famiglie o, in ultima ipotesi (qualora non venissero individuati i responsabili), della scuola.
ostacolare l’ingresso di persone estranee alla scuola (studenti esterni non autorizzati, gruppi provenienti da centri sociali) per prevenire ogni intento malevolo, irrispettoso, nei confronti di persone e cose.
Questi sono i punti di partenza su cui iniziare a ragionare con i propri ragazzi, in aggiunta agli ordinari quanto quotidiani suggerimenti sulle più elementari regole della buona educazione e del buon senso.
OBBLIGHI a carico dei Docenti
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato chiarisce che, per ciò che riguarda i docenti, l’obbligo di presenza e di controllo continua a sussistere, anche in situazioni di anormale svolgimento delle lezioni.
“situazioni di c.d. occupazione di un Istituto scolastico per lo stato di agitazione degli studenti non esplicano un effetto esonerativo o di attenuazione degli obblighi di presenza, intervento e controllo del corpo del personale docente ed amministrativo della scuola che, tanto più, devono garantire la loro presenza per evitare degenerazioni delle iniziative assunte dagli studenti all’interno dell’istituzione scolastica” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17/10/2006, n.6185).
APPROFONDIMENTO SULLE SANZIONI DISCIPLINARI
(Per i rappresentanti di classe e per i genitori interessati)
NON si deve mai perdere di vista l’obbiettivo educativo
(è legittima la SOSPENSIONE ?)
Il Regolamento d’Istituto dispone e riconosce che “la scuola è luogo di educazione, formazione e sviluppo della coscienza critica“.
Significa che l’Istituto opera per garantire la formazione della cittadinanza…in armonia con l’ordinamento giuridico vigente.
I principi esposti nel R. d’Istituto, sono dunque i mezzi giuridici cui si deve uniformare chi deve applicare o seguire il regolamento stesso.
Senonché, ci si deve poi addentrare nelle fattispecie singole, nell’esame delle condotte personali dei singoli ragazzi. Tale analisi non è solo opportuna, ma è IMPOSTA dal Codice Civile e dal Codice Penale, che stanno al di sopra del Reg. d’Istituto (le sanzioni amministrative soggiacciono sempre alla Legge, in questo caso integrata dalle norme previste in fatto di responsabilità dei MINORI).
Il Codice Penale stabilisce che, se punizione deve essere, questa deve mirare alla rieducazione di colui che ha commesso la violazione e pertanto deve soggiacere ai principi di responsabilità personale che si scinde in capacità di intendere e di volere e capacità giuridica (ci troviamo di fronte a minori infra sedicenni, se non quattordicenni, addirittura).
In questa giovanissima età, il Codice Penale riconosce rigorosi controlli sull’efficacia della punizione dal punto di vista rieducativo.
Nello stesso Regolamento disciplinare dell’Istituto, si prevede che: “le sanzioni disciplinari si ispirano ai principi di gradualità, proporzionalità e giustizia, hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità e al ripristino di rapporti corretti all’interno della comunità scolastica.”
Nel nostro caso, quindi, sarà importantissimo scindere ogni singola condotta nei seguenti punti base:
- Età e classe del soggetto agente;
- Caso di specie, con scissione in azione personale e mera presenza sul luogo di infrazioni disciplinari;
- Analisi dell’infrazione disciplinare presupposta e suo inquadramento in relazione al regolamento disciplinare;
Dovrà dunque essere individuata la fattispecie sanzionatoria più educativa, con applicazione della stessa solo ed esclusivamente laddove vi sia la certezza dell’imputabilità del fatto commesso al singolo soggetto valutato:
per Legge, in caso di dubbio, SI DEVE assolvere, ovvero NON si deve procedere ad applicare sanzione alcuna.
“Le sanzioni disciplinari sono sempre, oltre che temporanee, proporzionate all’infrazione”. Ecco che, allora, sanzioni dure e stigmatizzanti come la sospensione, non possano e non debbano essere applicate qualora si riscontrino le caratteristiche appena menzionate, e non per motivi di magnanimità, ma perché lo dice la Legge, l’Ordinamento Giuridico, ed il Regolamento della Scuola.
Occorre premiare, nel senso di scagionare, coloro che non hanno fatto, ossia che non hanno posto in essere alcuna azione, alcun “ atto positivo “.
Il differenziale è proprio l’atto positivo, che va invece sanzionato.
Tenendo separate le singole posizioni
- stigmatizzando chi è andato sopra le righe
- assolvendo chi ha solo partecipato, manifestando civilmente,
si mette il minore in condizione di capire qual’ è lo spazio di manovra consentito, per il futuro: in questo si delinea una funzione educativa.
Al contrario si ingenera rabbia, incomprensione.
I minori non sono ancora del tutto consapevoli delle loro azioni (anche per spirito di emulazione), ma hanno già la coscienza di giudicare se la punizione o la procedura adottata sia giusta.
(tratto da un intervento dell’Avv.to A.Bragadin, genitore Liceo Sabin di Bologna).
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NOTA
Tutti sono titolari di diritti e doveri sin dalla nascita (capacità giuridica). Non è lo stesso per la capacità di agire, ossia di porre in essere atti giuridicamente validi. La capacità di agire si acquista solo al compimento della maggiore età (salvo casi speciali sanciti dalla legge).
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